Uno storico antico ricercato dalle SS.
Le avventure di Tacito e il Codex Aesinas.

Un gruppo di SS guarda confuso un antico manoscritto - immagine generata con IA.
Nel cuore della biblioteca del palazzo dei conti Balleani di Jesi, in provincia di Ancona, giaceva un codice che si troverà, inconsapevolmente, ad avere alle calcagna nientemeno che le SS naziste. Ma perché tanto accanimento? Bisogna sapere che il codice, chiamato Codex Aesinas, conteneva il testo della Germania dello storico romano Tacito, copiato a sua volta da un codice più antico e ormai malridotto, proveniente dall’abbazia tedesca di Hersfeld. Fin qui, nulla di strano. Bisogna sapere, però, che la Germania furoreggiava presso i tedeschi fin dal Romanticismo, in quanto in essa Tacito descriveva i popoli germanici come “autoctoni” e “per niente mescolati” in incroci con altre genti. Insomma, niente di più gradito per i nazisti, che intendevano creare un rapporto di continuità diretta tra loro e le gentes narrate dallo storico romano. Quando i consiglieri del Führer vennero a sapere del codice di Jesi, tralasciando il fatto che fosse una copia del manoscritto tedesco, e non l’originale, decisero che se ne sarebbero dovuti impossessare a tutti i costi, quasi fosse una reliquia sacra. Pare che sia stato Hitler in persona, durante una visita di Mussolini in Germania nel 1937, a esigere il manoscritto. Com’era tristemente sua abitudine, il Duce si sottomise a Hitler e si impegnò nella restituzione del codice. I tedeschi allora inviarono una richiesta ufficiale per l’acquisto, ma essa fu declinata dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Bottai. Il ministro acconsentì che uno studioso tedesco, giunto per l’occasione in Italia, visionasse e fotografasse il Codex. Tuttavia, i nazisti, e Heinrich Himmler in primis, non si placarono, così nell’autunno del 1943, a seguito dell’armistizio dell’8 settembre, un manipolo di SS sfondò la porta del palazzo dei Balleani, con il preciso intento di prelevare a forza il codice. I conti avevano però giocato d’astuzia e soprattutto d’anticipo, e avevano nascosto il manoscritto tacitiano nei sotterranei di un’altra loro residenza, nella non lontana Osimo. Le SS perquisirono anch’essa, ma la famiglia aveva già nascosto il “tesoro” in un terzo palazzo di loro proprietà, nel centro di Jesi. I nazisti fecero un blitz anche qui, ma non si accorsero di una scatola di latta riposta in cantina… E così il Codex Aesinas, uno dei manoscritti più avventurosi della Storia, poté conservarsi in Italia e, dopo essere scampato anche all’esondazione dell’Arno nel 1966 a Firenze, dove era stato messo in una cassetta di sicurezza dai Balleani, è divenuto proprietà dello Stato italiano e oggi si trova presso la Biblioteca Nazionale di Roma.
T. Braccini, Avventure e disavventure dei classici. Libri perduti, ritrovati e sognati dall’antichità a oggi, Carocci, Roma 2024.
Marco Vittorio Pezzolo
2025-05-25