Il prete dall'anima nera
Storia di Don Tullio Calcagno, parroco fascista e repubblichino

Foto di Don Tullio Calcagno - Wikimedia Commons
Nel 1942 un parroco di Terni chiese al Sant'Uffizio di analizzare alcune sue tesi, per aver conferma della loro ortodossia. Egli sosteneva che fosse legittimo, oltre che uccidere, anche odiare il nemico della patria e che una guerra dichiarata da un governo legittimo (come quello fascista) fosse sempre giusta e santa. Queste tesi, in particolare quelle legate all'odio e alla guerra santa, furono confutate e condannate dal domenicano Mariano Cordovani e il Sant'Uffizio impose al sacerdote l'abiura e l'impegno a non occuparsi più di tali cose. Questo parroco si chiamava Tullio Calcagno, e le sue attività a favore del regime fascista e della guerra condotta dall'Italia non si sarebbero fermate li. Infatti, dopo l'8 settembre 1943 egli tornò a scrivere di politica e di guerra, prendendosela con l'infame" Vittorio Emanuele III e le "inette" Forze Armate Italiane. Per la sua recidività fu quindi sospeso e rimosso dalla sua parrocchia: si portò quindi a Cremona, trovando un ambiente a lui più favorevole. Iniziò quindi a collaborare con il gerarca Roberto Farinacci, scrivendo numerosi articoli sul giornale "Il regime fascista", supportando l'alleanza con i nazisti e attaccando l'alto clero per la sua "germanofobia" e il mancato supporto alla RSI . All'inizio del 1944, insieme ad altri sacerdoti uniti dalla fede in "Dio e Patria", fondò anche il periodico "Crociata Italica" in cui si paragonava la guerra dell'Asse a una guerra santa e si vagheggiava addirittura della creazione di una chiesa nazionale italiana, più patriottica e legata alla RSI. Tutte queste attività naturalmente non passarono inosservate alle gerarchie ecclesiastiche locali. In particolare, il vescovo di Cremona Giovanni Cazzani e l'arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster fecero pressione sul Sant'Uffizio e su Pio XII per un'ulteriore condanna di Don Calcagno. Questa arrivò solo l'anno dopo, con la scomunica del sacerdote per aver ripetutamente disobbedito alla Chiesa e aver attentato alla sua unità. Don Calcagno fu fucilato il 29 Aprile 1945 dai partigiani comunisti, con addosso l'abito talare (che nonostante tutto aveva sempre continuato a portare) e gli stivaletti rigidi da gerarca.
Lucia Ceci, La fede armata. Cattolici e violenza politica nel Novecento , il Mulino, 2022
2025-07-16