Niente più orzo, niente più yak

La fallita collettivizzazione in Tibet da parte dei cinesi

Foto di uno yak con addosso alcuni ornamenti tradizionali in una vallata del Tibet. - Wikimedia Commons

La collettivizzazione in Tibet iniziò dopo la repressione della rivolta del 1959, nel contesto della carestia dovuta al fallimento del Grande Balzo in Avanti, che nella regione si protrasse fino al 1962, a causa dell'arretratezza e dell'isolamente del territorio. La riforma consistette anzitutto nella confisca delle terre dei Lama e dei nobili e nel 1965 nella creazione delle Comuni Popolari. Ben presto, molti tibetani svilupparono con le Comuni lo stesso rapporto di servaggio che avevano con i monasteri, dovendo consegnare buona parte di quanto prodotto e soprattutto non potendo decidere cosa produrre. Le autorità comuniste infatti imponevano ai tibetani di coltivare il grano anziché l'orzo, alimento molto amato dai tibetani e alla base della loro dieta. Il regime voleva allineare il Tibet alle stesse quote di produzione agricola del resto del paese, misurate in base al grano prodotto. La decisione si rivelò disastrosa, poiché il territorio tibetano, arido e poco fertile, era adatto alla coltivazione di un cereale duro come l'orzo, resistente al freddo e alla siccità, ma non ad uno fragile come il grano, il quale prosciugava il terreno rendendolo meno fertile. Inoltre l'orzo, una volta macinato, non aveva bisogno di essere cotto, a differenza del grano, e questo era un problema in una regione in cui mancavano combustibili come il legname. Le autorità spinsero anche per la sedentarizzazione dei pastori tibetani seminomadi, con la conseguente riduzione delle terre da pascolo per gli yak, da destinare all'agricoltura. Questo, unito alla carestia causata dalle politiche agricole, portò alla morte di numerosi yak, animali importantissimi per la sussistenza della popolazione: i tibetani infatti, oltre alla carne, si servivano del loro latte per produrre il burro rancido, fondamentale per la loro dieta, della loro pelle per ricoprire le loro tende in inverno e anche del loro sterco per essiccarlo al sole e farne del combustibile. Tutto ciò causò carestie e innalzamenti dei prezzi degli alimenti, cui il governo rispose inviando grano per prevenire le proteste: ancora nel 1980 il Tibet non era autosufficiente, dipendendo dall'esportazione dal resto della Cina.



Bibliografia:

Tiziano Terzani, La porta proibita (Capitolo: Come cani dalle ossa rotte ), Tea, 2014

Stéphane Courtois, Il libro nero del Comunismo (Capitolo : Tibet, Genocidio sul tetto del mondo?   di Jean-Louis Margolin), Mondadori, 1999

Approfondimento dell'autore

 

Autore:

Leone Buggio, studente del II anno dell'Università Ca'Foscari di Venezia

Data di pubblicazione:
2025-06-10