La fine della cavalleria pesante medievale
La disfatta francese nella Battaglia di Pavia

Esempio di come appariva la cavalleria pesante francese nel '500 - Immagine generata con IA
Ci sono eventi, nella storia, che segnano la fine di un qualcosa, per dare poi inizio ad altro. La battaglia di Pavia (1525), in questo caso, segnò la fine dell'uso della cavalleria pesante in battaglia, per lasciare spazio alla modernità dei fanti leggeri con picca ed archibugio. Per il Basso Medioevo e gran parte del Rinascimento, sui campi di battaglia di mezza Europa aveva dominato la figura del "cavaliere pesante": quel soldato, dotato di cavallo anch'esso in armatura ed ornamenti, che grazie alle finanze poteva permettersi di equipaggiarsi con un'armatura a strati (poteva arrivare anche a 26 Kg), la quale, unita alle sue abilità con la spada, lo rendevano una macchina da guerra impenetrabile ed inarrestabile, se messa a confronto la fanteria leggera, meno equipaggiata. Insomma era l'equivalente di un odierno carro armato. Con l'avvento delle nuove tecnologie però, la potenza dei cavalieri medievali venne messa a dura prova dalle neonate armi da fuoco che, seppur ancora imperfette nella mira e nella lentezza del caricamento, riuscivano a penetrare con facilità le pesanti armature, rendendo le formidabili cariche a cavallo molto meno efficaci. Nell'ambito della "Guerra d'Italia" (1521 - 1526) e più precisamente nella già citata battaglia di Pavia, combattuta tra l'esercito francese guidato dal re in persona Francesco I di Valois e l'esercito di Carlo V d'Asburgo, composto più che altro da Lanzichenecchi e soldati spagnoli, venne dimostrata proprio la superiorità del modello dei nuovi eserciti rinascimentali. La battaglia di Pavia segnò anche un momento di svolta nelle strategie militari, che saranno d'ora in poi caratterizzate dal largo utilizzo delle armi da fuoco, a discapito delle armi bianche. Nello specifico, nonostante la superiorità delle forze in campo, Francesco I fiero della sua cavalleria pesante, la migliore d'Europa, la preferì alla sua artiglieria posizionandola davanti ad essa, impedendole così di fare fuoco. Tale mossa gli fu fatale in quanto i fanti e gli archibugi spagnoli annientarono i cavalieri francesi (12.000 perdite contro 500), costringendo la Francia ad una resa totale, dove lo stesso Francesco I venne fatto prigioniero.
Luigi Casali, Marco Galandra, La battaglia di Pavia 24 febbraio 1525, G. Iuculano, 1999
2025-02-23