I maestri venuti dall'India
Come i missionari gesuiti in Cina e in Giappone vennero scambiati per saggi buddisti

Dipinto del XVII secolo raffigurante San Francesco Saverio, il pioniere delle missioni gesuitiche in Asia, con il suo nome scritto sotto in caratteri latini e giapponesi. Il santo fu il primo, ma non l'unico, gesuita in Oriente a venire scambiato per un maestro buddista. - Wikimedia Commons
Mentre si trovava nella provincia di Yamaguchi, in Giappone, nel 1549 Francesco Saverio incontrò dei monaci seguaci del buddismo Shingon. Questi si convinsero che egli fosse un maestro venuto a insegnare nuove interpretazioni degli insegnamenti di Buddha. L'equivoco era dovuto al fatto che Francesco Saverio, probabilmente su consiglio di Yajiro, un giapponese convertito al cristianeismo, per indicare il Dio cristiano aveva usato il termine "Dainici", una parola usata per riferirsi a Vairocana, una forma primordiale del Buddha. Incomprensioni simili avvennero anche negli anni '80 del '500 con i primi gesuiti in Cina, i quali, seguendo le istruzioni di Alessandro Valignano, si vestivano e acconciavano come dei bonzi buddisti. Attorno a loro cominicarono dunque a riunirsi decine di monaci, i quali probabilmente non capivano nulla del messaggio cristiano ma erano affascinati da questi personaggi "esotici". Questo era dovuto anche al fatto che le immagini devozionali, i rosari e il concetto di salvezza apparissero familiari ai buddisti. Per di più, il gesuita Michele Ruggieri si identificò come "Seng", termine che indicava l'appartenenza alla comunità monastica buddista, usando anche altri termini buddisti per spiegare la dottrina cristiana. Addirittura, nel 1589 le autorità cinesi offrirono ai gesuiti Matteo Ricci e Manuel de Almeida la possibilità di alloggiare presso il monastero buddista di Nahua, pensando che fosse il luogo ideale per loro. Ricci non solo rifiutò, ma espresse anche il suo disprezzo per i monaci e la loro corruzione morale, sorprendendo il luogotenente cinese, convinto che i gesuiti fossero dei religiosi buddisti. In entrambi i casi creò confusione anche il fatto che i missionari avevano dichiarato di venire dall'India, la terra da cui era arrivato il Buddismo, essendo tutti passati per di lì prima di giungere in Giappone e in Cina. Presto i missionari riuscirono a capire che non avevano nulla a che fare col buddismo. Francesco Saverio iniziò a usare il termine "Deusi", la transiltterazione della parola latina "Deus", e Matteo Ricci si dissociò dall'immagine di bonzo per avvicinarsi a quella di letterato, attirando così le èlites confuciane cinesi.
Michela Fontana, Matteo Ricci: una gesuita alla corte dei Ming , Mondadori, 2017
Ronnie Po-chia Hsia, A Companion to the Early Modern Global Catholic Missions , Brill, 2018
2025-07-28