ARTICOLO DEL GIORNO

06/12/2025

Il martire che se la andò a cercare

L'ambigua morte di Antonio Criminali, primo martire gesuita

Dettaglio della cartina dell'Asia prodotta dal geografo fiammingo Abraham Ortelius (1527-1598) con annessa toponomastica, rappresentante l'India meridionale, dove padre Antonio Criminali incontrò il martirio. - Wikimedia Commons

Antonio Criminali era nato nel 1522 a Sissa, vicino a Parma, da una famiglia benestante. Decide presto di unirsi ai gesuiti, recandosi quindi a Roma e da lì a Coimbra, per poi venire assegnato alla missione nelle Indie. Nel 1545 arrivò dunque a Goa, l'avamposto portoghese in India, iniziando il suo apostolato. Si spostò poi nelle regioni più meridionali del continente, raggiungendo le missioni di Capo Comorin e Punicale. Nel 1549, i portoghesi suscitarono l'ira dei locali imponendo un pedaggio ai pellegrini indù che si recavano sull'isola di Rameswaram. Il principe di Vijaiyanagar assoldò dunque i Badeghi, una casta di guerrieri del Deccan interno, per distruggere gli insediamenti portoghesi sulla costa. I portoghesi, inseguiti dai guerrieri, fuggirono sulle navi, ma i Badeghi arrivarono fino al villaggio costiero di Vedalai, in cui si trovava Criminali insieme alla comunità cristiana locale, composta da pescatori di perle. Criminali riuscì a far fuggire sulle barche gli indiani convertiti, per poi inginocchiarsi, alzare le mani al cielo e iniziare a pregare, aspettando l'arrivo dei Badeghi. Ne arrivarono due gruppi a distanza di poco tempo, i quali però lo ignorano, passando oltre. All'arrivo del terzo gruppo, il gesuita venne ferito con una lancia da un guerriero, identificato come mussulmano per via del suo turbante, e poi spogliato del suo abito. Tentò quindi di dirigersi verso la chiesa della missione per morire lì, ma venne raggiunto da altre due squadre di Badeghi, le quali lo colpirono nuovamente e lo decapitarono, recando poi la sua testa come dono a un tempio indù locale. La prima morte per mano degli infedeli di un gesuita suscitò grande entusiasmo e ammirazione tra i giovani aspiranti alla missione. Tuttavia, le reazioni dei superiori dell'Ordine e dei gesuiti già attivi nelle missioni indiane furono decisamente più fredde. Costoro infatti volevano avere a disposizione dei religiosi capaci e abili nella gestione dei collegi e delle missioni, non dei giovani così innamorati dell'idea del martirio da non fare nulla per evitarlo. Infatti, se la morte di Criminali per mano dei Badeghi non venne proprio ricercata, quantomeno poteva essere evitata.



Autore:

Leone Buggio, studente triennale dell'Università Ca' Foscari di Venezia

Data di pubblicazione:
06/12/2025