Il dramma di un impero
L’annuncio della resa giapponese da parte dell’Imperatore Hirohito al suo popolo
Resa del Giappone, baia di Tokyo, 2 settembre 1945: rappresentanti dell'Impero giapponese a bordo della USS Missouri. Il ministro degli Esteri Mamoru Shigemitsu (con il cilindro) e il generale Yoshijirō Umezu, capo di stato maggiore dell'esercito. - Wikimedia Commons .
I bombardamenti convenzionali sembravano non aver effetto sulla forza di volontà giapponese, ma all'inizio del 1945 la resa sembrava inevitabile. L'imperatore già all'inizio di quell'anno, si era rassegnato all'idea e non solo lui; anche l'ex primo ministro, il principe Konoye, uno dei confidenti di Hirohito, chiedeva a gran voce la resa. Uno scenario che sembrava più dignitoso rispetto a un'invasione comunista, dato che i sovietici avevano già invaso la Manciuria. Due giorni dopo il disastro nucleare di Hiroshima, Hirohito informò il suo consigliere Kido Kōichi che la guerra doveva finire. Il supremo consiglio di guerra si riunì il 9 agosto. In quella sede il primo ministro Suzuki Kantarō spinse per l'accettazione della dichiarazione di Potsdam che chiedeva al Giappone la resa incondizionata; i militari si rifiutarono pensando di poter trattare condizioni più favorevoli. Persino l'imperatore Hirohito spinse per l'accettazione della dichiarazione, specie dopo la notizia del secondo bombardamento nucleare a Nagasaki. Il 14 agosto l'Imperatore si impone sui militari, che si ostinavano a negare l'evidenza e registrò un messaggio da diffondere per radio alla popolazione. Quattro giovani ufficiali fanatici cercarono di impedirne la diffusione, ma non riuscendoci, si tolsero la vita. Un estratto recita:
“La situazione della guerra si è evoluta non necessariamente a vantaggio del Giappone, mentre gli orientamenti generali del mondo si sono rivolti contro i suoi interessi […] Il nemico ha iniziato a usare una bomba nuova e ancor più spietata; i danni che essa è in grado di arrecare sono incalcolabili, esigendo un tributo troppo elevato di vite innocenti. Proseguire la guerra a queste condizioni non porterebbe soltanto all'annichilimento della nazione, ma alla distruzione dell'intera civiltà umana”.
Venne trasmesso il 15 agosto, i giapponesi rimasero increduli nel sentire la voce del loro imperatore. L'annuncio della sconfitta causò sgomento e disperazione, per molti era motivo di disonore, 350 militari si tolsero la vita perché incapaci di difendere la patria. La resa venne formalizzata il 2 settembre 1945 sulla corazzata Missouri nella baia di Tokoyo.
Antonio Fiori, L'Asia orientale – Dal 1945 ai giorni nostri, Il Mulino, 2011
23/11/2025