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La due volte premio Nobel in guerra

La Prima Guerra Mondiale ed i grandi progressi in medicina: la radiologia

Marie Curie alla guida di una sua Petite Curie – Immagine wikimedia commons

È noto che le guerre sono spesso foriere di progressi tecnologici. Ciò è particolarmente vero per le guerre del ventesimo secolo e per la Prima e Seconda Guerra Mondiale in particolare. Relativamente all’argomento trattato, va notato che due dei principali protagonisti dello studio delle radiazioni, erano ancora in attività all’inizio della prima guerra mondiale: Wilhelm Conrad Röntgen1 e Marie Curie2. Entrambi vennero coinvolti nelle attività belliche, con la realizzazioni di macchinari, di tipo radiologico, che sarebbero stati impiegati con larga diffusione, in favore della medicina militare dell’epoca.

Soprattutto Marie Curie si impegnò molto, per aiutare la sua patria di adozione3, anche con l’aiuto della Giovane figlia Irène, a sua volta premio Nobel. Non solo hanno creato apparecchiature radiografiche specifiche, ma sono andate entrambe al fronte per istruire il personale sanitario, arrivando anche a creare delle unità mobili di radiologia, che potevano agevolmente spostarsi in varie località presso i fronti.

Anche Röntgen si attivò per aiutare la Germania nell’utilizzo della nuova tecnologia, pur essendo (anche per motivi anagrafici) meno attivo della Curie.

Va anche detto che l’Italia era all’avanguardia nell’utilizzo di questa tecnologia, perché già la stava utilizzando nelle guerre d’Africa ed in quella Italo-Turca, con risultati molto positivi e lusinghieri per gli scienziati ed i medici italiani.

Il contributo di questi primi apparati radiografici è stato enorme, specialmente per il contributo che davano alla chirurgia, consentendo in questa branca della medicina enormi progressi.

Uno di questi apparati radiografici è visibile nella sua completezza presso il Museo Storico Italiano della Guerra.

Lo sviluppo e la presenza della radiologia, durante la Prima Guerra Mondiale, portò, come conseguenza, ad uno straordinario avanzamento delle tecniche chirurgiche e della chirurgia in generale.

Innanzitutto va detto che all’epoca della Grande Guerra erano ancora attivi i principali protagonisti dello studio delle radiazioni e degli effetti radiologici degli stessi: Wilhelm Conrad Röngten1 e Marie Curie2.

Le nuove armi e soprattutto l’effetto devastante delle nuove artiglierie, provocava un grandissimo numero di feriti da schegge o da palle di Shrapnel; l’uso degli apparati radiografici si rivelò da subito fondamentale come metodo di indagine a supporto della chirurgia. A titolo di curiosità possiamo dire che Hernest Hemingway (che partecipò al conflitto come autiere della croce rossa) venne ferito e trasportato in ospedale, fu grazie alla radiologia che gli vennero estratte oltre duecento schegge di granata dagli arti inferiori. Venne trasportato a Milano all’ospedale maggiore, per la riabilitazione e questo gli consentì di non diventare claudicante.

Marie Curie partecipò attivamente alla realizzazione ed installazione di impianti radiologici, coinvolgendo persino la allora sua giovanissima figlia Irène Joliot-Curie, assegnataria a sua volta di un premio Nobel nel 1935. Scrisse all’amico Paul Langevin amico e collaboratore: “Sono decisa a mettere tutte le mie forze a disposizione della mia patria d’adozione, poiché in questo momento non mi è possibile fare nulla per la mia sfortunata Patria nativa4.

Il primo problema che si trovò ad affrontare è stata la tensione elettrica. Non era possibile un unico tipo di impianto perché le tensioni variavano da regione a regione, addirittura in qualche caso era continua, altre in alternata. Questo problema venne in gran parte risolto con l’utilizzo di generatori militari, che per uniformità generavano correnti compatibili. Si dedicò quindi all’organizzazione delle sale radiologiche negli ospedali militari, di qualsiasi tipologia.

Un’intuizione molto importante di Marie Curie, fu la creazione di ambulanze radiologiche, ovvero dei veicoli equipaggiati con impianti radiologici da poter agevolmente portare vicino ai fronti, per risultare fondamentali strumenti di indagine a favore della chirurgia. Questi veicoli a volta avevano generatori autonomi, talvolta solo dinamo o alternatori collegati al motore principale dell’autocarro ambulanza. Marie Curie ricorderà con orgoglio che “la prima vettura radiologica realizzata di mia iniziativa è stata fornita dall’Unione delle Donne Francesi ed equipaggiata a loro spese”. Queste ambulanze radiologiche presero il nome di “petites Curie” e si diffusero molto. Marie riuscì a realizzarne personalmente ben 18, tutte tramite donazioni di cittadini. Lei stessa si recava personalmente al fronte, accompagnata dalla figlia, per istruire il personale al funzionamento di questi nuovi macchinari, ed istruendo dei corsi per istruire giovani donne all’uso delle apparecchiature.

Tecnicamente va detto che, all’epoca, l’unico tubo generatore di raggi X era il tubo di Crookes a catodo freddo e pressione residua di gas, estremamente pericoloso perché non poteva essere schermato se non parzialmente. Vi era poi talvolta la necessità dell’intervento dell’operatore, durante il funzionamento, per ripristinare la corretta pressione. Erano stati predisposti degli indumenti protettivi, che però per peso ed ingombro (nonché forse la sottovalutazione, nell’emergenza, degli effetti delle radiazioni) non venivano sempre utilizzati. È evidente che gli operatori, ma anche gli stessi malati, vennero esposti a dosi molto alte di radiazioni. Il rapporto rischio beneficio rimase sempre comunque favorevole.

Una curiosità: a causa del contatto con sostanze radioattive, ancora oggi i suoi appunti, i suoi vestiti e persino i ricettari di cucina sono pericolosi, conservati in contenitori piombati e se li si vuole esaminare è necessario indossare strumenti protettivi.

L’alternativa al tubo di Crookes era quello proposto da William D. Coolidge5 presentato nel 1913 e brevettato nel 1916, ma fece la sua comparsa nella Prima guerra mondiale solo al seguito delle truppe americane. Il tubo di Coolidge poteva essere completamente schermato ed era più stabile ed efficiente.

Va detto che più o meno tutti gli eserciti disposero di apparecchi radiografici, in Germania Röngten si mise a disposizione, sostanzialmente come Curie in Francia anche se fu meno attivo direttamente. Già nel 1907 l’esercito predispose carri ferroviari con impianti radiologici, completi di camere oscure. Nel 1914 furono approntati 12 vagoni, ma poi anche in Germania, si optò per le autovetture radiologiche, più versatili e mobili. Sempre con generatori o dinamo collegate al motore, come in quelle francesi.

In Italia le esperienze delle guerre d’Africa, in Eritrea come in quella Italo-Turca, generarono notevole entusiasmo e consentirono lo sviluppo di una approfondita conoscenza della nuova tecnologia. Nell’interessante libro di Pirronti e Boldrini6, l’ex ministro della difesa Giampaolo Di Paola, racconta del soldato Musiani Alfredo, bersagliere d’Africa, ferito il 25 febbraio a MAI-Meret, in Eritrea, per il quale il proiettile venne identificato da un apparecchio radiografico, consentendone quindi la più agevole asportazione chirurgica. Siamo nel 1896! (per carità di Patria tralasciamo che il colpo venne sparato da un commilitone).  Tale fu lo stupore da spingere tutta la ricerca italiana, anche se i militari, in un primissimo tempo, preferirono affidarsi ad istituzioni private, piuttosto che formare proprio personale, modificando velocemente questa impostazione.

Fu probabilmente Domenico D’Arman l’antesignano della radiodiagnostica in Italia. Effettuò i primi esperimenti già nel gennaio 1896, poche settimane dopo l’annuncio di Röngten7.  I militari realizzarono l’importanza di queste scoperte ed al R.E. spetta il primato riconosciuto di essere antesignano nell’applicazione della radiologia.

Va tenuto presente che l’Italia nel 1896, e successivamente nella guerra Italo-Turca era coinvolta in eventi bellici. Il tenente colonnello medico Giuseppe Alvaro, all’ospedale militare di Napoli, utilizzò la radiologia, come guida alla chirurgia, con i soldati feriti nella celebra battaglia di Adua (1 marzo 1896) trasportati in Italia con proiettili negli arti. Le sue osservazioni sono in un articolo “I vantaggi pratici della scoperta di Röngten in chirurgia”. A soli cinque mesi dalla comunicazione di Röngten!  Molto interessante il resoconto di questi interventi, presente nel citato articolo.  Le ricerche portarono nel 1904 all’utilizzo dell’apparecchio detto “Ferrero” dal nome di Luigi Ferrero di Cavallerleone, suo ideatore. Questo apparecchio accompagnò le truppe italiane sia durante la guerra di Libia, che nelle campagne balcaniche del 1912. Allo scoppio della Grande Guerra, questo rimaneva l’apparecchio in dotazione, anche se ormai un po’ datato. Le autorità della sanità militare si resero subito conto dell’importanza di queste apparecchiature, pensando anche se fosse meglio avere strumenti trasportabili in casse a dorso di mulo, o ambulanze che però richiedevano strade e rifornimenti di carburante. Compresero subito che entrambe le soluzioni erano utili. Si diede infine incarico al professor Felice Perussia, docente di radiologia che aveva collaborato con Röngten fondatore della rivista La Radiologia, di realizzare apparecchi più moderni ed ambulanze radiologiche.

In definitiva tutti gli schieramenti utilizzarono la radiologia, consentendo il progresso non solo di questa tecnologia, ma soprattutto della chirurgia, che dalla radiologia trasse enorme profitto.

NOTES:

1. Enciclopedia Treccani. Scopritore dei raggi X nel 1895 e premio Nobel per la fisica nel 1901

2. Enciclopedia Treccani. Premio Nobel per la fisica nel 1903 e per la chimica nel 1911.

3. Era nata a Varsavia, in Polonia e si chiamava Maria Salomea Skłodowska, andò a studiare in Francia, dove sposò lo scienziato francese Pierre Curie (con cui condivide il premio Nobel) ed assunse quindi il nome di Marie Curie.

4. Caremani Marcello, “Vivere e morire in trincea – Malattie, medicina e pandemie durante la Prima guerra mondiale” Bradipopoli editori S.r.l. Torino 2021 pag 212; Link 2; Link 3

5.Enciclopedia Treccani. William David Coolidge

6. Tommaso Pirronti e Luca Boldrini “La Radiologia italiana durante la Grande Guerra” Casa Editrice Ecoedizioni Internazionali S.r.l. Roma 2013

7. Adelfio Elio Cardinale a cura di “Immagine e segni dell’uomo. Storia della Radiologia italiana” Idelson Gnocchi editore – Napoli 1995 pag 751-752

AUTHOR:

Gianluca Ravasi - Ca' Foscari

 

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